
(Christian Speranza- Torino)Quando Beethoven fece evolvere la sinfonia da genere di consumo a genere “alto”, le cose non furono più le stesse. Con le prime otto siglò pietre miliari della storia della musica. Con la Nona si spinse talmente oltre, da segnare un confine invalicabile. Poco dopo infatti abbozzò la Decima: ma morì prima di completarla.
Coincidenze, forse. Può darsi. Ma al funerale di Beethoven, nel 1827, c’era anche Franz Schubert, all’epoca quasi sconosciuto. Nel suo cassetto giacevano diverse sinfonie, tra cui l’Ottava, la famosa “Incompiuta”. Lasciata da parte per motivi ignoti, tra il 1825 e il 1826 aveva messo mano alla Nona, completandola. Sarebbe diventata nota dopo la sua morte come “la grande in do maggiore”. Ma quando si accinse a stendere la Decima, nell’ottobre-novembre del 1828, dovette lasciare questo mondo.
È come se nella «generazione romantica» (Rosen) la sinfonia numero nove fosse un hic sunt leones sfidare il quale equivaleva a morire. Certo, Antonín Dvořák, dopo la sua Nona, la “Sinfonia dal Nuovo Mondo” (1892-93), visse ancora a lungo; in ogni caso, non scrisse mai una Decima. Peggio andò ad Anton Bruckner, che la sua Nona non riuscì nemmeno a terminarla. La iniziò nel 1887, ma vi si dedicò seriamente solo dal 1890. Nel ’94 i primi tre movimenti erano completati; poi, la mattina dell’11 ottobre 1896, mentre era al pianoforte a comporre il Finale, sentì un brivido, si mise a letto… e non si alzò più…
Tra le sue varie manie, Gustav Mahler era anche superstizioso. Dopo l’immensa Ottava (1906-7), nel 1908 riuscì a fondere Lied e sinfonia in un ciclo ibrido, musicando alcune poesie cinesi tradotte in tedesco: nacque Das Lied von der Erde: Il canto della terra. Il sottotitolo, Una sinfonia per tenore e contralto (o baritono) e orchestra, evita apposta di numerare quella che è in effetti una sinfonia per voci. Ma in basso, sullo stesso foglio, si legge scritto a mano: per l’opera seguente: Nona Sinfonia in quattro movimenti. Quella che avrebbe scritto nell’estate del 1909, terminandola nel gennaio del 1910, sarebbe stata effettivamente la Sinfonia numero nove, ma avrebbe contato in cuor suo come decima. Il trucchetto sarebbe servito per gabbare il destino ed evitare la “maledizione della Nona”. Così, quando mise mano alla vera e propria Decima, nell’estate del 1910, lavorò in realtà all’undicesima. La accantonò come al solito all’inizio dell’inverno, per far spazio all’attività di direttore. Ma di ritorno dalla sua ultima stagione newyorkese, il cuore non resse. Sfinito, smise di respirare al sanatorio Löw di Vienna, il 18 maggio 1911. Quella che avrebbe dovuto essere la sua vera Decima rimase un abbozzo. La Nona fu la sua ultima vera Sinfonia completa. Il destino aveva vinto ancora una volta.
A spuntarla sul destino ci avrebbe pensato Dmitrij Šostakovič, che di sinfonie ne avrebbe scritte ben quindici. Ma questa è un’altra storia…