(Alessandra Giorda-Torino) In occasione dell’opera l’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti in scena al Teatro Regio di Torino fino al 5 febbraio prossimo conosciamo meglio Lodovico Filippo Ravizza che porta in scena il ruolo di Belcore. Nell’intervista a seguire con il baritono milanese abbiamo acceso il focus proprio sul ruolo nelle sue sfaccettature. Quali sono le caratteristiche necessarie per svolgere questa professione? Necessita avere consapevolezza della connessione mente-corpo? I sogni senza obiettivi restano illusioni, ma gli obiettivi senza passioni rischiano di diventare sterili. Come vede il suo futuro lavorativo?  Ravizza si presta ad una vera è propria analisi di Belcore e di se stesso. Scopritelo tra pubblico e privato.

 

 

Crediti Foto: Michele Monasta

 

Belcore è un sergente vanitoso e sicuro di sé. Come ti sei avvicinato a questo ruolo? Ti ispirato a qualche interpretazione del passato?

La cavatina di Belcore è stata una delle prime arie che ho studiato, la porto con me sin dall’inizio. Racconta tutto della spocchiosità del personaggio, del suo essere così sicuro di sé, di non temere rivali… È stato il mio primo ruolo intero cantato a Teatro, al Sociale di Como, ci sono molto affezionato e mi diverte assai. Ho visto ed ascoltato tanti grandi che lo hanno fatto, in primis uno dei miei idoli: Leo Nucci. Non sono uno che per indole copia, piuttosto cerco sempre di divertirmi volta per volta sperimentando cose nuove.

C’è un aspetto di Belcore che trovi particolarmente divertente e quale quello più difficile da rendere in scena

E’ un personaggio che deve sempre essere energico e brillante in scena, forse l’aspetto più difficile è tenere la concentrazione nonostante le lunghe pause dove non è in scena e non canta per poi rientrare con un alto livello di energia

Il tuo ruolo in quest’opera ha una scrittura vocale brillante ed incisiva. Quali sono le sfide tecniche più interessanti?

La sfida tecnica di questo ruolo è che per un baritono puro come lo sono io, non sfoga praticamente mai in acuto e rimane nel centro con legati, agilità, frasi da articolare bene… insomma, una bella sfida.

La cavatina Come Paride vezzoso è un momento chiave per il personaggio. Come riesci a darle in giusto carattere?

Ho cercato col tempo di far mia la scrittura donizettiana, studiandone il senso ritmico e drammaturgico: il genio di Donizetti, per far risaltare da subito la sicurezza del personaggio di Belcore, scrive la sua melodia in quartine sull’orchestra che suona in terzine, una sfida di solfeggio molto interessante per il cantante. Bisogna avere perfettamente in testa la pulsazione ritmica per non cedere alla tentazione di seguire l’orchestra. Inoltre, c’è sempre da tenere conto che la parola ha un senso ben preciso e pertanto va caratterizzata nella maniera corretta.

Belcore è il rivale di Nemorino, ma anche un personaggio comico. Come costruisci la dinamica con il tenore in scena?

Ho avuto la gran fortuna di lavorare con colleghi e amici che sono stati estremamente stimolanti. Stare sul palcoscenico vuol dire donare la propria energia e riceverla dagli altri, solo cosí ogni sera può nascere qualcosa di diverso ed interessante.

 

 

L’allestimento di questo Elisir d’amore è molto discusso tra chi è a favore e a chi non piace. Una tua opinione?

Tantissime persone che sono venute a vedere lo spettacolo mi hanno raccontato che sono state toccate nel profondo e positivamente emozionate. Tanti addetti ai lavori, colleghi cantanti, altri registi, direttori, attori, mi hanno riportato che lo spettacolo funziona perfettamente, come gli ingranaggi di un orologio: nulla è lasciato al caso, ognuno di noi è stato seguito fin nel più piccolo dettaglio dal regista Daniele Menghini, artista e persona che stimo davvero molto, che arriva sempre con una preparazione scrupolosa e molto attenta a rendere al meglio ciò che ogni personaggio racconta nella storia. Ecco che da ogni azione calibrata ne deriva un’altra conseguente con logica e senso scenico che rende lo spettacolo fluido ed accattivante.

 

Un cantante lirico deve avere, memoria e una certa gestione delle emozioni. Come si arriva a tutto questo?

Inutile ripetere che lo studio costante, non volo vocale, è fondamentale oltre ad un equilibrio psico fisico: la voce è altamente influenzata dai nostri sentimenti e dalle emozioni che stiamo provando. Bisogna che il gesto tecnico muscolare sia solido e consolidato. Nervi saldi, una gran dose di autocontrollo e un certo talento nell’improvvisazione sono necessari per stare in palcoscenico. Più di tutti questi aspetti però, per me è necessaria la generosità, sempre ed incondizionata, nonostante i tanti fattori che potrebbero Ultimo non per importanza è l’aspetto di una certa fisicità prestante: allenare il corpo, per sopportare ore di prove e recite, è necessario per rendere al meglio nella prestazione. Siamo a tutti gli effetti degli atleti e come tali dobbiamo comportarci.

Qual è il tuo sogno nel cassetto nel lavoro?

Vorrei cambiare la parola in “obiettivo”, perché per definizione il sogno è vano ed inconsistente. Ne ho tanti di obiettivi: tenere sempre acceso il desiderio di studiare e seguire con educazione lo sviluppo della mia voce e della carriera, trovare il giusto equilibrio tra lavoro e tempo per me, cantare certi ruoli che richiedono ancora tanta maturità tecnica ed esperienziale come Rigoletto, Scarpia e tanti altri. Sono fortunato, nella mia vita ho incontrato tante persone che hanno segnato positivamente il mio percorso, fatto di estremi sacrifici e una gran dose di tenacia e Spero che siano fieri di me.