Luciano Ganci canterà alla prima del 16 luglio e nelle repliche del 2, 4, 6 e 8 agosto
Dal 16 luglio al 10 agosto andrà in scena Turandot con il tenore romano Luciano Ganci per la prima volta nella parte di Calaf. Donato Renzetti dirige i complessi orchestrali e corali dell’Opera di Roma, questi ultimi preparati da Ciro Visco. La regia è di Francesco Micheli, i costumi sono di Giada Masi e i video di Luca Scarzella.
Alla vigilia del suo atteso debutto, Luciano Ganci ha rilasciato una dichiarazione che è di gratitudine per il privilegio che gli è stato concesso di affrontare la parte del Principe Ignoto proprio nell’anno del centenario pucciniano, concludendo con una “battuta” delle sue, di quelle che ne caratterizzano il carattere solare e caldo come la sua voce.
«Sono particolarmente felice di poter debuttare questa fantastica parte proprio nell’anno pucciniano e nel teatro di “casa” che mi ha dato questa straordinaria opportunità e, se vogliamo, lanciato questa importante sfida che ho accettato con entusiasmo ma anche con un po’ di timore quasi reverenziale. Quello di Calaf è uno di quei ruoli che vanno affrontati con la giusta maturità ma anche con un filo di incoscienza perché inevitabilmente ci si va a misurare con una storia che ha visto interpreti che sono stati capaci di esecuzioni inarrivabili.
È l’opera dei contrasti, dello Yin e dello Yang, dove sentimenti diversi si scontrano, si uniscono per poi fondersi e confondersi in un turbine di accordi di quinta aumentata che durante tutta l’opera non danno mai la vera sensazione di essere in una situazione di stabilità emotiva. Forti contrasti di modi e sentimenti umani, a partire dal maschio-femmina fino a vita-morte. In questo ultimo capolavoro del Maestro Puccini c’è il compendio fiabesco di una intera sua vita dedicata ad emozionare il pubblico e a creare una coscienza musicale che aprirà le porte alla nuova arte figurativa, il cinema.
Questa volta, stranamente, il carattere del tenore è forte, deciso e intraprendente. Un unicum nelle opere di Puccini. Se Turandot rappresenta la luna bianca, lontana, gelida e distante, Calaf è il sole, la vita, l’ardore che scioglie il cuore di Turandot e lo tramuta in amore. Questo eroe stranamente non muore, osa, sogna, combatte e vince, quindi devo tenermelo stretto!
Vocalmente è una parte molto bella, complessa come tutta l’opera, che ha davanti a sé il grande scoglio tenorile del “nessun dorma” ed è la cosa che penso da quando mi è stato proposto questo debutto, anche se sono già stato abituato a non dormire grazie ai miei quattro figli piccoli».