Terzo appuntamento ravvicinato nella stagione in corso con il Teatro Comunale di Bologna per il direttore d’orchestra Riccardo Frizza che, dal 13 al 19 aprile, dirigerà l’Orchestra e il Coro del Comunale preparato da Gea Garatti Ansini nella nuova produzione di Un ballo in maschera firmata dal regista Daniele Menghini.
A pochi giorni dalla prima, il Maestro condivide la sua emozione nel tornare a Bologna per dirigere quest’opera, parlando anche del suo profondo legame con il teatro con la seguente dichiarazione:
«Un ballo in maschera è un’opera che amo particolarmente. L’ho affrontata due volte, entrambe all’estero e a vent’anni di distanza l’una dall’altra. Con questa produzione, il mio catalogo verdiano si arricchisce ulteriormente: nonostante la mia fama di “donizettiano”, Verdi è sempre il compositore con il quale mi sono maggiormente misurato. Posso contare ben ventitré titoli verdiani su ventisette.
Il Ballo andrà in scena al Teatro Comunale Nouveau, con un’orchestra alla quale sono profondamente legato. Fu con essa, infatti, che debuttai come direttore molti anni fa, e con essa ho stretto un rapporto sempre più intenso nelle ultime stagioni. Ho infatti avuto l’onore di inaugurare questa stagione con La fanciulla del West e recentemente di interpretare per la prima volta la Quinta Sinfonia di Gustav Mahler che, ancora una volta, mi ha fatto sperimentare la profonda intesa con i professori felsinei.
Un ballo in maschera è un capolavoro enigmatico, e lo è per due motivi. Prima dello smascheramento finale domina l’enigma: il pubblico, scoprendo chi si cela dietro le maschere, diventa parte attiva dell’azione, svelando i segreti prima ancora del culmine drammaturgico. In secondo luogo, l’opera è musicalmente straordinaria per il suo equilibrio tra la tensione drammatica e la leggerezza dell’opera buffa, rappresentata emblematicamente dal personaggio del paggio Oscar. Ogni sua apparizione rompe il grigiore e porta con sé una gioia e una freschezza che trasformano l’atmosfera musicale.
Nel Ballo, il cuore del dramma risiede nell’antinomia tra festa e morte, tra la superficialità della vita sociale e la profondità del tormento interiore. Temi cari all’opera ottocentesca, che qui diventano una dolorosa rivelazione dell’autenticità del dolore rispetto all’apparenza della gioia. I pugnali nascosti sotto i mantelli dei congiurati e di Renato trafiggono non solo il cuore di Riccardo, ma anche le nostre coscienze, mettendoci di fronte alla difficoltà del vivere, dell’amare, del perdonare».