(Alessandra Giorda) Le Nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart, capolavoro del teatro musicale settecentesco e prima delle opere buffe del genio salisburghese, è l’opera con la quale si è inaugurata la Stagione Lirica 2024/2025 al Teatro Regio di Torino con una produzione originale del Teatro Real di Madrid che ha saputo coniugare tradizione e freschezza. La regia firmata da Emilio Sagi nel suo debutto al Teatro Regio, gioca abilmente con i contrasti sociali che attraversano l’opera.
E’ un vero capolavoro di tutti i tempi e parte della cosiddetta trilogia Da Ponte-Mozart, Nozze di Figaro, Don Giovanni e Così fan tutte. Mozart e Da Ponte “portano in scena” un’opera che, dietro la comicità , mette in discussione i privilegi della nobiltà e celebra l’intelligenza, la resilienza e il valore umano delle classi subalterne  in una Siviglia settecentesca. Il finale, con il perdono della Contessa al Conte, è un momento che eleva l’opera a una dimensione quasi morale e universale. Si evince un equilibrio tra comico e serio: Mozart fonde magistralmente momenti buffi e situazioni di grande intensità emotiva. Non di meno conta  la modernità psicologica ove ogni personaggio è trattato con una profondità sorprendente, rendendo l’opera sempre attuale.
La giovane, ma già prestigiosa bacchetta del M° Leonardo Sini, anche lui al debutto nel teatro lirico torinese,  ha offerto una lettura brillante, equilibrata, intensa, valorizzando la leggerezza mozartiana senza mai perdere la profondità emotiva dove la musica segue perfettamente l’azione, con una fluidità che mantiene vivo l’interesse dello spettatore per tutta l’opera. L’Orchestra del Teatro Regio ha risposto con precisione e sensibilità , particolarmente nella sinfonia iniziale dove il M° Sini ha diretto con intensità e veemenza.
Un cast giovane, ma all’altezza della situazione e già capace di quell’ingrediente molto ricercato e spesso poco trovato: la capacità di emozionare. Ancor prima della tecnica vocale e della precisione dell’esecuzione l’emozione la fa da padrona. Un cast impeccabile vocalmente, ma freddo e privo di empatia con il pubblico non è, a mio modesto parere, vincente. Non certo trattasi di questo gruppo di artisti che ha acceso gli animi degli spettatori, strappando applausi non parchi e sempre convinti per un’inaugurazione di Stagione partita con i migliori auspici e di gran successo.
Vito Priante nel ruolo del Conte di Almaviva attira l’attenzione sin dal primo recitativo. Fascino, presenza scenica e vocalità nel registro baritonale lo rendono attraente per le qualità in tutta la recita dove l’autorità vocale ha rispecchiato la complessità del personaggio.
Porta in scena molto bene la Contessa, Ruzan Mantashyan, che sostituisce  Monica Coesa, svolge una recita assai preziosa capace di mettere in luce tutte le caratteristiche di questo personaggio profondamente sfaccettato, tra gli ingredienti emotività e nobiltà d’animo. La Contessa è una donna nobile non solo per il suo status sociale, ma anche per il suo comportamento. Nonostante il dolore causato dall’infedeltà del Conte, mostra una dignità che commuove. Non mancano la vulnerabilità e la forza che si contrappongono alla fragilità , nel rimpianto del passato.
La Contessa di Almaviva è uno dei cuori emotivi di Le nozze di Figaro, un personaggio che unisce profondità psicologica ed eleganza musicale, rendendola centrale nella complessità dell’opera di Mozart. La Contessa bilancia l’opera, portando un tono serio e riflessivo in contrasto con l’energia brillante e comica di Figaro, Susanna e Cherubino. È una figura che incarna grazia, dignità e resilienza, e il suo perdono finale al Conte rappresenta il culmine emotivo dell’opera: un gesto che eleva la commedia a un livello superiore, dove l’amore e il perdono prevalgono sul conflitto.
Il Figaro di Giorgio Caoduro ha brillato per la sua presenza scenica e la voce ricca di sfumature. Bravo e vigoroso nella celebre aria del I atto “Non più andrai farfallone amoroso”. Sempre accattivante e mai scontato. Insieme a Susanna rappresentano la coppia di servitori con caratteristiche quali l’arguzia e la vitalità popolare. Giulia Semenzato, che veste i panni di Susanna, ha offerto un’interpretazione dolce, incisiva, curata nella parte vocale, vezzosa in quella della recitazione.
Josè Maria Lo Monaco, mezzosoprano en travesti,  è un Cherubino di gran lustro che svolge una recita prestigiosa cesellando ogni sfumatura e sfoderando preziosità assai gradite sia vocalmente che dal punto di vista scenico. Sfoggia molto bene le caratteristiche del giovane paggio, simbolo dell’amore adolescenziale e del desiderio, il cui personaggio aggiunge leggerezza e comicità .
Si spendono elogi per il resto del cast che vede Andrea Concetti nel ruolo di Bartolo e Chiara Tirotta Marcellina, oltre a tre artisti del Regio Ensemble, quali  Juan José Medina in Basilio,  Janusz Nosek è Antonio e Albina Tonkikh è la Barbarina.
A chiudere il cast i bravissimi Cristiano Olivieri alias Don Curzio, Eugenia Braynova prima contadina e Daniela Valdenassi seconda contadina.
L’assistenza alla regia è di Matteo Anselmi, le scene sono firmate da Daniel Bianco, i costumi belli e curati nei dettagli sono di Renata Schussheim, le luci calde e avvolgenti di Eduardo Bravo, mentre le riprese sono affidate a Vladi Spigarolo. Da sottolineare la straordinaria coreografia di Nuria Castejon che offre un’immersione nelle tradizioni spagnole con eleganti danze tipiche del Paese accompagnate dal suono delle nacchere nel terzo atto, quando i sudditi rendono omaggio al Conte e alla Contessa.
La serata della Premère è stata un indimenticabile evento organizzato dal Teatro Regio di Torino nei minimi particolari lasciando nulla al caso. Un buffet ricco di leccornie della tradizione piemontese ha allietato gli invitati nei due intervalli soddisfando anche i palati più raffinati ed esigenti. Il teatro sold out così come tutte le recite fino al 1 dicembre. Doveroso sottolineare come il personale di sala del teatro sia dotato di estrema pazienza e capace di mettere sempre a proprio agio chiunque contribuendo a rendere il Regio un teatro top.
Foto: (C)E. Moreno Esquibel
Recensione del 23 novembre 2024