Tratta dall’omonimo dramma storico di Victorien Sardou, a cui Puccini aveva assistito di persona nel 1889, l’opera andò in scena il 14 gennaio 1900 al Teatro Costanzi di Roma. L’ambientazione connotata storicamente (siamo nel giugno 1800, a Roma, all’indomani della battaglia di Marengo) e la concentrazione dell’azione nel tempo e nello spazio contribuiscono a conferire a quest’opera una forte tensione drammatica e una grandiosità che segna un punto di svolta rispetto alla dimensione più intima dei lavori precedenti del compositore lucchese.
L’intreccio tra politica, arte, religione vive in una scenografia di stampo minimalista in questo allestimento originariamente concepito da Alberto Fassini, che Joseph Franconi Lee, suo assistente per oltre vent’anni, riprende enfatizzando il senso dell’amore e dell’onestà racchiuso nell’arte e nel sacrificio di Tosca. “Si parte da una chiesa – scrive il regista – che è spazio più politico che religioso, dove Cavaradossi dipinge camminando sul quadro. Poi il Te Deum in una cupola in controluce, come se fosse una visione di forte potenza pittorica. Infine, Tosca, ritratta come una piccola formica schiacciata dall’oppressione del potere, ma risoluta nel suicidio finale. Ho riveduto l’originale di Fassini, lasciando intatta l’idea centrale: bianco e nero dominano la scena, che può apparire come un film noir francese degli anni Cinquanta. Ma il cuore di Tosca, morso da Scarpia, si squarcia in una ferita di dolore e uno scialle rosso, come una lunga scia di sangue, scorre sulla sua angoscia, tetra e senza conforto”.
“All’autenticità dei suoni e delle melodie, all’infinita gamma di colori e di indicazioni espressive che rendono unico il suo stile, Puccini affianca un carattere compositivo rivoluzionario” – spiega Daniel Oren. “Un nuovo carattere musicale viene dato anche ai personaggi: Tosca, Cavaradossi e Scarpia non sono più eroi romantici, ma sono esseri umani cangianti. Le arie sono veramente poche: Cavaradossi ne canta due (Recondita armonia ed E lucevan le stelle), Tosca una sola (Vissi d’arte), e Scarpia nessuna; i duetti fra i protagonisti sono brevi e dal carattere frammentario. Puccini comincia dunque a ridurre al minimo i momenti di grande espansione lirica, come se volesse dare priorità al susseguirsi degli eventi anche a livello compositivo, come farà anche nelle opere posteriori alla Tosca”.